Coltivare il pero: tutto ciò che devi sapere dall’impianto alla raccolta

coltivare il pero

Anche tu coltivi pere o sei intenzionato ad impiantare e coltivare il pero?

In questo articolo ti spieghiamo tutto ciò che c’è da fare in un arboreto di pere e quali sono le difficoltà maggiori.

Buona lettura.

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Indice

Il pero (Pirus communis, L. 1758)

Prima di vedere come coltivare il pero, vediamo innanzitutto quali sono le caratteristiche e le origini di questa pianta, in modo da rispondere correttamente alle sue esigenze ambientali. Il pero appartiene alla famiglia delle Pomacee, proprio come il melo, e cresce spontaneamente nei boschi di tutta Europa. La pianta, originaria delle regioni centrali di questo continente, era conosciuta già dai greci e dei romani. L’Italia È uno dei principali paesi produttori di pere destinati al consumo diretto. In altre nazioni, come la Francia, le pere vengono utilizzate per la produzione di marmellate, confetture e bevande.

Il pero non richiede grandi spazi per crescere. Viene perciò coltivato anche nei piccoli orti familiari, praticamente in tutta la penisola. La coltivazione specializzata è invece circoscritta: circa il 75% delle pere che arrivano sul mercato italiano provengono dal Veneto meridionale e dalla Romagna. Il pero comune è la specie principale, dalla quale derivano quasi tutte le varietà coltivate. Questa pianta può raggiungere anche i 10 m di altezza.

 

Esigenze ambientali

Il pero è una pianta che richiede per il suo sviluppo molta luce e predilige una posizione soleggiata. Non tollera invece la piena ombra, neanche per poche ore al giorno. La temperatura ideale per la sua crescita è compresa tra i 18 e i 22 °C, la massima tollerata è di 30 °C circa. In inverno la pianta sopporta bene il freddo: sopravvivere fino a -15 °C senza subire danni, perché perde le foglie ed entra in uno stadio di riposo vegetativo. Per tale motivo, può essere coltivata anche in montagna fino a 700 m di altitudine. Le uniche limitazioni per la sua coltivazione riguardano le zone molto ventose e quelle che durante l’estate hanno un clima caldo e secco.

Il terreno più adatto è fresco, ricco di sostanza organica e tendenzialmente neutro: il pH ottimale varia da 6,5 a 7,5. Il pero cresce in modo stentato su terreni argillosi perché non tollera, se non per brevissimo tempo (massimo 2-3 giorni), il ristagno idrico che si verifica sulla superficie di questo tipo di suolo. In queste condizioni le radici arrestano la crescita e possono morire per asfissia, cioè per mancanza di ossigeno.

Il terreno

Prima che si effettui l’impianto del pero, il terreno deve essere lavorato con molta cura. Tra la metà di agosto e la fine di settembre si devi eseguire uno scasso ad una profondità almeno pari a quella che raggiungeranno le radici quando la pianta sarà adulta. Se le piante sono innestate su portinnesti tradizionali molto rigorosi, si consiglia di effettuare questa operazione preliminare ad 1,3 m di profondità, mentre se si ricorre ai moderni portinnesti nanizzanti sono sufficienti 70-90 cm. Prima di eseguire l’impianto in pieno campo, occorre effettuare un’erpicatura e una rullatura, per sminuzzare le zolle e pareggiare la superficie.

Coltivare il pero

La coltivazione del pero inizia già dalla sua propagazione, la quale si realizza di solito per via vegetativa: si utilizzano delle barbatelle innestate, cioè delle porzioni di pianta legnose (talee) che sono state soggette a innesto e hanno già sviluppato radici. Si tratta in pratica di singoli fusti dotati di pochi e corti rami, alti circa 1 m e di circa due anni di età, che hanno un apparato radicale con una ridotta espansione sia in ampiezza che in profondità e avvolto da un pane di terra.

La pratica dell’innesto, largamente utilizzata per la produzione di nuove piantine di pero, si basa sull’utilizzo dei portinnesti, che possono essere distinti in due grandi gruppi:

  1. I portinnesti tradizionali, chiamati franchi. Sono molto vigorosi e derivano dal seme di diverse varietà coltivate. Per questa ragione, daranno origine a piante di dimensioni differenti.
  2. I portinnesti clonali, più moderni. Derivano da piante madri specificamente selezionate. Le piante ottenute avranno dimensioni omogenee ed un grado diverso di vigoria a seconda del portinnesto scelto.

Potatura del pero

La coltivazione del pero richiede potature regolari che devono essere eseguite con procedimenti leggermente diversi secondo il tipo di varietà. Il metodo di potatura più comunemente usato, e più efficiente dal punto di vista produttivo, si divide in 4 fasi: potatura di allevamento, potatura di produzione, potatura delle lamburde, potatura dei brindilli.

Potatura di allevamento

Durante i primi due anni di crescita della pianta, deve essere praticata una serie di tagli per darle la forma definitiva che si è scelta, cioè la cosiddetta forma di allevamento. Per tale motivo, la potatura del pero che si attua in questo periodo viene chiamata potatura di allevamento e si conclude dopo 4-5 anni dall’impianto, quando la struttura della chioma è ormai completata.

Potatura di produzione

Appena la pianta inizia a produrre frutti, è necessario intervenire tutti gli anni con una potatura regolare in modo da rinnovare i rami fruttiferi, cioè quelli che hanno già prodotto frutti. L’operazione consiste nell’eliminazione dei rami vecchi per consentire lo sviluppo di quelli giovani. Questo secondo tipo di potatura del pero prende il nome, appunto, di potatura di produzione.

La potatura di allevamento e la potatura di produzione non sono due fasi distinte e separate tra loro: vi è un periodo, infatti, di circa 2-3 anni, in cui le due potature vengono eseguite contemporaneamente. La potatura di produzione viene effettuata, di solito, già dopo 2-3 anni dall’impianto, quando la pianta inizia a produrre frutti. Ciò significa che, con un’unica operazione, un potatore esperto modifica la forma della pianta e, allo stesso tempo, asporta i rami che hanno già prodotto frutti e sono ormai esauriti. Dal momento in cui la pianta inizia a dare i suoi frutti, la potatura di produzione deve essere eseguita ogni anno, durante i mesi invernali, nel periodo in cui si ha il cosiddetto riposo vegetativo, cioè quel periodo che va dalla caduta delle foglie a 2-3 settimane prima del previsto germogliamento (febbraio-marzo).

Potatura delle lamburde

La potatura delle lamburde riguarda il 20-25% circa della quantità totale di rami. Il motivo di questa potatura sta nel fatto che, passato un certo periodo, assumono una forma a “zampa di pollo” e producono frutti piccoli e di qualità scadente. Per tale motivo, non è economicamente conveniente tenerli per un’azienda agricola a scopo remunerativo.

Potatura dei brindilli

La potatura dei brindilli e dei rami misti, che hanno un ciclo produttivo di un solo anno, deve portare all’eliminazione di circa il 50% dei rami. Sulla pianta si trovano contemporaneamente brindilli e rami misti dell’anno in corso, che devono ancora fruttificare, e altri dell’anno precedente, che hanno già prodotto frutti: solo quest’ultimi vanno eliminati.

Diradamento dei frutti

Alcune varietà, oltre alla potatura richiedono un diradamento dei frutti. Queste varietà, infatti, tendono a produrre una grande quantità di frutti di piccole dimensioni. Se tutti questi frutti fossero lasciati giungere a maturazione, alla fine si otterrebbero mele piccole e di qualità scadente. Per tale motivo è necessario asportare soprattutto quelle più piccole e deboli e quelle che si sono sviluppate a distanza troppo ravvicinata l’una con l’altra, intralciandosi reciprocamente nella crescita. Il diradamento dei frutti si esegue circa un mese dopo la fioritura, cioè nel periodo compreso tra la fine di aprile e l’inizio di giugno, a seconda delle zone.

 

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Coltivare il pero: tutto ciò che devi sapere dall’impianto alla raccolta ultima modifica: 2018-05-08T07:33:20+00:00 da Elia Valmori

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